lunedì 5 novembre 2007

Italia impazzita fra romeni, rom, inutili sgarbi e apprestamenti di guerra

"Mia figlia Lalla è nata in Sardegna a Perdasdefogu il 7 gennaio 1943, perché eravamo lì in un campo di concentramento". Quella di Rosa Raidic (Lacio Drom n.2/3, 1984) è una delle rarissime voci di zingari testimoni della seconda guerra mondiale, una delle poche testimonianze che riguardano l'internamento in Italia, sotto la dittatura fascista, di un popolo sempre perseguitato e, anche per questo, ignorato e dimenticato dalla memoria e dalla storia delle dittature nazifasciste”.

E’ l’ inizio del racconto di una persecuzione italiana che pensavamo destinata all’oblio, che è radicata nelle coscienze, ma – irrisolta - si riaffaccia dopo settanta anni con le stesse forme della persecuzione razzista. Un delitto, orrendo ed esecrabile, costituisce la miccia – nonostante le raccomandazioni dei parenti della vittima – per scatenare un’odio recondito, ma radicato nelle folle, che raggiunge la persecuzione “in quanto si è diversi”. Inseguendo i peggiori umori della destra nel vano tentativo di acquistare una credibilità perduta, un governo di centrosinistra la supera con un decreto d’urgenza che il Capo dello stato firma immediatamente (come rimpiango Pertini) mentre sua sarebbe stata la doverosa azione di calmare le acque. I provvedimenti collettivi o le porcate proposte da Fini hanno suscitato clamore e sdegno non solo nella incolpevole Romania, ma nella UE dentro la Commissione Europea. Un decreto attribuisce ad un ente amministrativo provvedimenti inerenti la libertà personale senza intervento della Magistratura. Non ci risulta che la Costituzione preveda i Prefetti fra i giudici naturali e pensiamo che il decreto sia un bluff accontenta-popolo per due semplici motivi: i trenta giorni prima dell’espulsione “de facto” e la possibilità del ricorso alla magistratura, quella vera.

Puerile, ridicolo e maleducato il comportamento di Berlusconi, Fini e Casini (finalmente sposo in Caltagirone) durante il convegno CISL. Prima che intervenisse il presidente Prodi si sono – vistosamente - alzati e sono andati via. Protesta? No, comportamento infantile di chi non ha digerito, dopo 17 mesi, la sconfitta.

Preoccupante invece il comportamento di Napolitano. Il nostro Presidente non ci è piaciuto per niente. Da comunista non avrebbe detto ciò che ha detto. Ma si sa, si cambia col tempo, alla Ferrara. Quel suo “volemose bene” per “difendere l’Europa anche oltre i confini” puzza molto di bushismo. Signor Presidente, l’Italia non ha 400 miliardi di dollari da investire per esportare la democrazia.

E, come al solito, ricorriamo a Grillo per avere documenti sullo stato dell'arte