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Ha ragione Grillini, la questione Mele non può essere chiusa con un’autoassoluzione di partito e Casini che fa andare il “camioncino antidroga” nella piazza del Parlamento. A Claudia Fusani di la Repubblica che gli chiede se il caso sia chiuso risponde: “Direi proprio di no, per due ragioni. La prima di natura politica, la seconda di tipo tecnica. Quella politica è perché siamo di fronte a un clamoroso scandalo che segna la contraddizione tra il partito che fa dell’estremismo radicale la sua ragion d’essere e comportamenti quotidiani che vanno in direzione opposta. Voglio dire che l’Udc non può firmare progetti di legge proibizionisti e sessuofobi e poi organizzare coca-party con corredo di mignotte durante la notte”.
Non si può chiudere perché Cosimo Mele ha firmato, insieme a Cesa e Casini una proposta di legge che recita: Disposizioni per la pubblicità sull’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte dei parlamentari” e da integralisti (cattolici fra l’altro) di tal fatta non si può né si deve sopportare tanta tracotanza. La parafrasi del film di Costa-Gravas non risulta fuori luogo e pertanto ci si deve augurare che la procura di Roma abbia la stessa inflessibilità del giudice istruttore del film (Jean Louis Trintignant) anche se –e il pessimismo nemmeno esso fuori luogo - ci porta a pensare che tutto finirà in un porto delle nebbie.
Il segretario dell’Udc, Cesa, ha accettato le dimissioni di Mele dal partito, ma alla maniera della “Casta” per quanto riguarda le dimissioni da deputato: «Questa diventa una decisione personale, perchè il vincolo di mandato non è legato al partito», anche se per il segretario dell’Udc non c’è dubbio: «Chi sbaglia dovrebbe pagare». Amen. Bellissimo quel “dovrebbe” ; il senso morale del segretario Cesa è largo quanto l’elastico delle mutande di un elefante.
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